Unità dell'anima e della mano
Piccolo dizionario o introduzione all'opera di Safet Zec
Ivan Lovrenovic in "Safet Zec, Con-divisioni", published
by l'Abbazia di Rosazzo, 2001.
Dopo che ti sei soffermato ripetutamente davanti
alle scene pittoriche di Safet Zec, la sua pittura ti
ha finalmente insegnato che è impossibile
il tuo tentativo di stabilire una comunicazione verbale con questo mondo
perché il modo in cui lui ti conquista è proprio di un'altra
specie. E' quel modo intenso e illogico con il quale vivi e ti ricordi
per sempre i tuoi sogni più forti e come davanti a loro e ai segreto
che nascondono senti il tremito delle cose ignote, di quello che è dentro
e ti chiama invincibilmente ma ti sfugge ogni volta di nuovo... E' un
bene che sia cosi e che rimanga anche cos'i: ne! seno profondo della
chioma dell'albero di Zec, nella grande casa bianca, attraverso la finestra,
dietro gli alti recinti bruni — mai non entrerai con il tuo sguardo curioso;
rimarrai davanti e ti lascerai andare all'edonismo puro e semplice del
quadro. L'occhio non potrà smettere di guardare, si scioglierà dalla
tenerezza andando avanti e indietro, su e giù, negli spazi pittorici
di Zec, e descriverà e si ricorderà, e si ricorderà e
descriverà. Solo l'anima sentirà e lo terrà per
sé: questa maestria perfetta è pagata a caro prezzo ed è inserita
dentro l'opera come la sua quarta dimensione; quel brivido metafisico
che ti trapassa tutto e si perde nell'istante fulmineo ne1 quale ti sembra
che il labirinto di filigrana della punta secca di Zec (Senza titolo,
1992), oppure le infinite varietà del verde nel “Paesaggio vicino
a Olovo” (1969) oppure “La grande chioma d'albero inclinata” (1975) si
aprono per risucchiarti in un vortice. per renderti uguale a loro.
Se i segreti del mondo pittorico di Zec sfuggono alle parole, l‘occhio ha invece
tanto lavoro davanti a questo mondo. Ed ecco dove le cose si incontrano: le
scene pittoriche e grafiche di Safet Zec sono strutturate sulla superficie
in modo tale che i diversi e caratterizzati cicli tematici, dapprima cercano,
variano e approfondiscono uno specifico e circoscritto ambito dei leit-rnotiv
che ci appartengono, per poi diventare un “lessico” di oggetti che assumono
significati profondi, su cui possiamo rileggere la nostra quotidianità.
Cos'i è offerta la possibilità — apparentemente è un paradosso — di
presentare la breve e soggettiva descrizione del mondo di Zec in forma di vocabolario.
La casa
Questo motivo è quello che si presenta più volte
e più a lungo nel tempo. L'opera completa di Zec è una
rassegna tipologica e fenomenologica della casa. Ci sono case vecchie,
piene di luce, case bosniache apparentemente sospese sulle colline di
Sarajevo, nel paesaggio un po' irreale (ciclo Bentbasa), le case dei
piccoli borghi raggruppate in paesaggi meravigliosi con viuzze e strade
(L'inverno, La primavera, La curva a destra, La curva a sinistra...),
la tomba dei dervisci, il monastero, La casa di El Greco, La casa di
pietra di Pocitelj, La casa di mia sorella. Per Safet Zec la casa è evidentemente
quella forma nella quale è raccolta la più alla saggezza
della creazione e della bellezza di esistere.
La stanza
L'interno della casa, b spazio dell'intimità,
il posto del più bel raccoglimento. La tavola, la panca nella
casa musulmana, il tappeto kilim, l'odore del basilico della vecchia
pentola.
Ma anche una finestra aperta e, subito dietro, le cime delle chiome degli
alberi, la linea vicina dell'orizzonte e, sopra di lei, chiaro e alto,
il cielo... Negli ultimi anni compare sulle tele di Zec di nuovo la stanza,
ma non più come
motivo pittorico, non più come un'unità a sé stante, bensi
come ambiente, come contenitore di altri motivi (il tavolo, la sedia con straccio,
le pieghe bianche della coperta che emanano una pesante inquietudine...).
Queste stanze sono totalmente diverse: senza finestre, con pareti ostiche,
profonde e non trasparenti, minacciose e totalmente derubate del mondo onirico
del Rousseau di una volta.
Il tavolo
Questo è l'oggetto senza il quale non potrebbe
esistere il mondo pittorico di Safet Zec. Geometrico e non spiritoso,
sacro nello stesso tempo, il tavolo nelle rappresentazioni pittoriche
di Zec è spesso il centro della scena drammatica dell'avvenimento
pittorico. L'arco è dolente e va dagli idilliaci tavoli casalinghi,
coperti di tovaglie con i merletti, con i fiori, fino ai pesanti neri
parallelogrammi dell'ultimo periodo dell'artista, pieni del disordine
degli strumenti dell'artista e dei vecchi giornali, finché questa
densa e amorfa tinta non tocca il confine con la negazione dell'atto
pittorico stesso. Questo filo sottile che lo separa dall'oltrepassare
questo confine — diventa il segno della nuova ricerca pittorica di Zec
(vedi la voce: Pane).
La finestra
Abbiamo visto cosa significa nel mondo di Zec
la finestra vista da dentro, aperta verso il paesaggio ed il cielo: ti
viene la tentazione di pensare al violinista innamorato di Chagall, che
prende il volo proprio attraverso una tale finestra di Zec e si alza
verso il cielo proprio sopra Vitebsk... Ma la finestra vista da fuori è uno
dei più grandi soggetti di Zec. Su questo soggetto la punta secca
e la tavolozza di Zec nuovamente cercano e ricreano il repertorio dei
nuovi rapporti pittorici e dei nuovi significati; un'intera metafisica squartata
dalla finestra.
Il cortile
Non sai se hai mai visto dipinto lo spirito del
cortile come nei quadri di Zec, quel modo ed il senso nel quale si chiamano
tra di loro il cortile e la casa e formano, insieme, la casa dell'uomo. E
questo avviene sempre, sia che si tratti del cortile dell'antica casetta
bosniaca, che del cortile lastricato del tempio musulmano, che del cortile-giardino
della caffetteria o del cortile della casa a Toledo...
I recinti
Sebbene non esca dallo stesso cerchio dei contenuti
triviali del microcosmo quotidiano umano, ci sono certe opere grafiche
di Zec, degli anni 1993-94, su1 tema dei recinti e dei muri. Forse questi
fogli grafici sono la sintesi e nello stesso momento anche la cima del
suo virtuosismo di artigiano e della capacità spirituale di vivere
il sacro nel profano, il vivo nel morto. Su questi
fogli grafici Zec annulla e annienta tutti i limiti teorici del segno
e del significato, del simbolico, del concreto e dimostra l'ideale e
sempre desiderata unità dell'anima e della mano, come avviene
nelle misteriose stanze Zen del lontano Oriente.
La chioma d'albero
Un altro dei temi grandiosi. Le chiome
degli alberi di Zec sono solo questo: masse enormi di rapporti pittorici
inquadrati in forma di chioma senza nessun altro, anche se “atteso”,
contenuto. Sono “messe in scena” cosi che non c'è neanche il loro
tronco. Talvolta ci sono solo degli schizzi della casa (questo non ci
sorprende), tanto per sottolineare il collegamento con il suo mondo.
Il paesaggio
Questo soggetto è prescnte in tutta l'ope-ra
di Zec. Quasi inevitabilmente il paesaggio di Zec è un paesaggio
con la strada (oppure con la ferrovia, che è la stessa cosa).
Cosi, a questo piccolo dizionario, vale la pena di aggiungere un'altra
voce: La strada. I paesaggi bosniaci con la strada di Zec (vicino alla
quale ci deve essere il fiume, anche se invisibile) sono sempre cosi
come Ivo Andric ha descritto la conca di Travnik— come le pagine del
libro aperto a metà. I paesaggi di Zec sono cosi fortemente strutturati
e plasticamente diversificati che si possono leggere. Per la
loro bellezza ed anche perché sono insoliti dobbiamo ricordare
due paesaggi gemelli, con la strada — dell'anno 1979 che sono stati dipinti
dallo stesso punto di vista: “La primavera” e “L'inverno”.
Ma dov'è l'uomo?
Apparentemente, nel mondo artistico
di Zec l'uomo non c'è. Non è proprio cosi: all'inizio della
sua vita artistica, ad esempio, Zec ha studiato, e tanto!, sia il corpo
umano che il ritratto. Pensiamo soprattutto a quei periodi ed a quelle
tematiche, ai cicli più importanti ed anche alle voci del nostro dizionario, dove
la figura dell'uomo non compare. Sebbene non compaia sul dipinto, si
sente la sua presenza. Tutto questo è il suo mondo, il mondo per
lui! La stanza, il tavolo, la casa, la strada ... Esiste pero un'opera
di Zec che ha come centro proprio la figura umana e concentra, dentro
di sé, tutta l'emozione dell'artista, trasformata nell'attenzione
e conoscenza. Quest'opera si chiama “Mia madre” ed è del 1972.
Qui c'è tutto: la stanza antica, la finestra aperta, sul davanzale
un vaso di fiori, la scena è inquadrata dalle tendine trasparenti
ed in fondo il paesaggio con la barca e le casette e, sopra il paesaggio,
un cielo enorme, vuoto.
Sopra tutto domina la donna che sta seduta vicino alla finestra: pace
interiore e forza quieta vengono prepotentemente fuori dall'insieme della
figura monumentale e da tutti i singoli particolari: dalla forte plasticità della
testa e dallo sguardo attraverso le palpebre semichiuse, dal forte busto
con il seno generoso sotto il quale, sulla gonna larga, riposano le mani
... Vorrei che qualche esperto che conosce bene l'opera di Zec un giorno
spiegasse questo disegno a penna, comparandolo con tutta l'opera di Zec:
hai la sensazione che quest'opera, priva di ogni briciolo di qualsiasi
elemento spettacolare, sia come uno scritto molto intimo, sul diario
personale dell'artista cd in questo contesto abbia un posto molto particolare
e molto importante.
Le mani
Nell'ultimo periodo, quello italiano, le cose cambiano
drammaticamente. Questo si vede nell'esempio della stanza e
del tavolo, si vede anche nelle nuove chiome e finestre ed
anche nei paesaggi; la variazione di Bentbasa del 1998 è,
a differenza delle precedenti che sono trasparenti, totalmente apocalittica.
Ma il nuovo periodo porta anche una novità, forse questo significa
anche un ritorno all'inizio: l'ossessione delle mani. Qui ci
sono le mani, gli studi di mani che ci suggeriscono fortemente il dolore,
le mani ridotte in schiavitù, il gesto di una vittima, ci sono
mani che abbracciano un altro corpo, palesemente il corpo di un morto,
sicuramente un'allusione al motivo della pietà. E, finalmente,
anche un titolo esplicito al “bouquet” di mani protese verso l'alto,
motivo che è stato eseguito con l'aiuto di una fotografia di guerra: Le
mani per il pane (1994). Affinché la demistificazione sia
completa ed anche oculare, l'artista ha incorporato questa foto nell'opera
in un piccolo riquadro.
Il pane
Tra i nuovi soggetti del “periodo italiano” di Zec
si è fatta avanti, di nuovo, la variazione sul tema del tavolo
con il motivo totalmente nuovo del pane. Il pane e il tavolo, si
puô dire il classico tema che è stato trattato sia nella
pittura che nella poesia migliaia di volte... Nell'intera serie di questi
lavori Zec raggiunge con il soggetto del pane la sublimazione totale
tramite l'affascinante ricerca del colore e della luce. Il pane del
1998 dipinto a tempera, è uno straordinario pezzo d'arte perché è una
perfetta sintesi fra mondo materiale e mondo spirituale ed è tutto
eseguito esclusivamente con i soli mezzi dell' arte figurativa.
Le mani, il pane
enigmatiche coperte bianche con profonde
e scure ombre nelle pieghe, qualche volta solo come parte della natura
morta sul tavolo, sulla sedia, qualche volta, invece, avvolte attorno
ad un corpo umano senza vita, che abbraccia altre mani vive,
questi sono i soggetti delle nuove ricerche di Zec. In queste ricerche
il senso estetico si scontra drammaticamente con l'esistenziale, con
il senso pittorico plastico e con quello etico.
Il quadro non parla di questo, direttamente, e tanto meno con gesto patetico,
eppure non si puo sbagliare: l'artista è entrato nell'area delle cose
ultime e prime dell'uomo — nell'area dell'amore e della morte. |